MAPPING EXTENDED (2016)

“Amo la danza non certo per vedere estetismi inesorabilmente chiusi nel cerchio della perfezione, che noia; cerco l’opposto: la deflagrazione delle inquietudini che cercano una propria collocazione nel mondo delle imperfezioni.(…) Nel vostro Mapping Extended: ciascuno di voi, Sara, Alessandro, Stefano ha in mano la propria placenta bianca sulla quale, che lo vogliate oppure no, scriverete la vostra condanna o la vostra salvezza. Inesistenti. Inesorabili. Quella placenta l’avete consacrata e dissacrata – rumori, suoni, movimenti, sospendendo il pubblico nello spazio senza fiato tra malessere e incanto. Avete affidato a noi, al pubblico, la scelta. Siete sopravvissuti divorando il bianco della placenta per sopravvivere. Fiondata nel cielo per farne adorabile idolo. A cui non sottomettersi mai, anzi, in lotta continua, tra membra, suoni, indifferenze di passaggi non casuali. Fino all’esaurimento, noi storditi da suoni vetrosi che le unghie non scalfiranno mai. Le arti non sono nate per consolare spiriti allegri ma come ricerca di un senso che non c’è. Inevitabile da cercare. Sempre”.
R. Rostagno, parafrasi del sua presentazione alla serata conclusiva del progetto Motori di Ricerca Lavanderia a Vapore Centro Regionale per La Danza, 2016

Emanuele Dellavalle

“Mapping Extended” apre su una scena di un candore abbacinante, investita da un freddo blu elettrico. Il suono si fa assordante e un controluce acceca la platea mentre un corpo si racchiude, costretto tra l’invadenza dei due timbri. È in una genesi dalle tinte forti, estreme, che prende vita la mappatura corporea di Sara Marasso. Dalla posizione fetale dell’esordio il movimento si costruisce a singhiozzi e respiri, frammenti di traiettorie e singulti di gesti, e la danza, duttile e scomposta, cresce increspando la carta che abita la scena. La carta è l’interlocuzione materiale del trio Marasso – Sciaraffa – Risso che percorre i varchi tra le sue increspature e, fra distorsioni sonore e incedere vorticosi, forma e scompone ineffabili e infinite pieghe”. 
G. Muroni, Teatro e Critica, 2016

Dellavalle